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Cameriere, c'è un grillo nel mio piatto!

  • Immagine del redattore: Manuela Navacci
    Manuela Navacci
  • 21 feb 2023
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 22 feb 2023

Il 2023 si apre con una rivoluzione in campo alimentare, ossia il via libera dell’Unione Europea alla commercializzazione della farina di insetti. Ma è davvero la rivoluzione che aspettavamo?

La farina di insetti è sicuramente un prodotto di cui sentiremo parlare. Potremo quindi trovarla in commercio sia tal quale, sia come snack a base di tale farina oppure, e questo è probabilmente il nodo centrale della questione, utilizzata come componente proteica a prodotti che troveremo sugli scaffali dei supermercati.

Si perché se non se non si può negare che l’idea di mangiare insetti possa generare in molti disgusto, è pur vero che è giusto che l’industria proponga quello che ritiene una interessante novità e che il mercato possa liberamente scegliere di decretare successo o fallimento di tale proposta. Il problema sorge quando la scelta non è più così libera, le informazioni non sono così chiare e il mercato non è più cosi libero, come purtroppo il recente passato ci ha insegnato.

Quali sono i motivi della scelta dell’UE di aprire al mercato delle farine di insetti? Il principale obiettivo, come ribadisce anche la FAO è quello della sostenibilità. Il problema del costo ambientale della produzione di proteine di origine animale è una realtà che da anni impegna aziende e governi: lo stile di vita dei paesi ricchi è ormai insostenibile (e non solo dal punto di vista alimentare) aggravato dall’aumento della popolazione, e gli insetti sembrano essere un alternativa interessante, motivo per il quale già a partire dal 2018 in Europa è entrato in vigore il regolamento sui novel food, rendendo possibile riconoscere gli insetti interi come alimenti, anche se non ne permetteva la commercializzazione .

Ma quello che pochi sanno, e che non ha creato nessuno scandalo, è che dal 2017 le farine di insetti sono state approvate come mangimi per l’acquacoltura e per gli animali domestici. Fino a quel momento in questi settori come in quelli dell’allevamento intensivo di animali di terra si sono utilizzati mangimi ottenuti da soia e altre granaglie, oltrechè oli di pesci non graditi al consumo umano: il continuo disboscamento per crare coltivazioni di soia per consumo animale appare ormai insostenibile.

Ma perché gli insetti sembrano la risposta più adatta per una produzione sostenibile di proteine? Gli insetti sono animali a sangue freddo, non hanno quindi bisogno di calore per mantenere la loro temperatura proteica, e trasformano quasi tutto il cibo ingerito in massa corporea, o biomassa, con un rendimento enormemente piu alto rispetto agli altri animali. Per esempio, un grillo ha un indice di conversione alimento/biomassa di 1,7, il pollame di 2,5, i bovini 10. L’allevamento di insetti risulta inoltre sostenibile, secondo i sostenitori, anche perché è possibile nutrire questi animali con substrati organici piu disparati, vegetali o animali, in una economia circolare che è poi l’obiettivo della sostenibilità, e con una produzione di gas serra 100 volte inferiore a quella degli allevamenti tradizionali e un consumo di acqua irrisorio.

Secondo alcuni invece gli allevamenti di insetti non sono scevri da potenziali pericoli. Inprimis perché la polvere intera parzialmente sgrassata di grillo fa parte dei cibi ultra processati, ottenuta con un lungo processo e una serie di trattamenti di sanificazione ed estrazione delle sostanze utili; altro problema il rischio che si possa verificare una crescita incontrollata di una specie con fughe nell’ambiente esterno e distruzione dell’equilibrio ambientale. Uno scenario da fantascienza, o forse no. L’allevamento richiederebbe poi temperature elevate per la crescita ottimale, con costi energetici non così sostenibile come si vorrebbe far credere.

A forza di parlar d’insetti vi sta venendo appetito? Ecco che l’azienda alimentare italiana Fucibo vi propone snack a base di insetti, patatine e biscotti che mirano a rivoluzionare il mercato, anche se in un test di Altro Consumo, il panel di assaggiatori non le ha preferite (ne gradite in realtà) ai normali snack prodotti con materie prime ‘tradizionali’. Ma si sa, le novità soprattutto in campo alimentare hanno bisogno di tempo.

Ma ne vale la pena? E soprattutto ci sono rischi per la salute?

Dalla UE sono arrivate le regolamentazioni per l’allevamento degli insetti, riguardo i limiti per i contaminanti come piombo e cadmio, e l’assenza di listeria e salmonella, ma basterà questo per rendere salutare il consumo di un prodotto sostanzialmente estraneo nell’alimentazione occidentale (salvo casuali i incontri del titolo dell’articolo)?

Uno degli argomenti principali dei detrattori dell’utilizzo di farine di insetti riguarda la presenza di antinutrienti, come la chitina, fitati e ossalati presenti nell’esoscheletro di questi animali; questi anti nutrienti riducono l’assorbimento intestinale di minerali quali zinco, calcio, manganese e ferro, creando possibili carenze all’individuo.

E’ però vero che gli antinutrienti si trovano in molti alimenti di uso comune. La chitina infatti la troviamo nei funghi, nei crostacei, nelle alghe, i fitati e gli ossalati nei cereali integrali e in alcune verdure, cibi che comunque abbiamo imparato nel tempo a gestire. Per la possibile cancerogenicità della chitina, gli insetti fanno parte dell’alimentazione di una gran parte del mondo orientale che non pare averne risentito a livello di salute; il dubbio che un diverso microbiota possa processare diversamente e quindi inattivare sostanze tossiche esiste, ma non pone un divieto assoluto al consumo di questi prodotti.


Ma le sostanze contenute negli insetti che destano preoccupazione non finiscono qui.

I Fanerotossici e i Criptotossici sono insetti le cui tossine tossine si attivano nel tratto gastro intestinale, mentre il contenuto di testosterone presente in alcuni scarafaggi potrebbe generare danni a fegato e apparato riproduttivo di chi li ingerisce.

Se l’UE ha normato la quantità di contaminanti e batteri negli insetti di allevamento, tacitando chi portava esempi di intossicazioni da cavallette del Messico, non sarà facile evitare la contaminazione con parassiti come vermi e protozoi, di cui gli insetti sono facile terreno.

E’ vero che queste problematiche esistono in qualsiasi tipo di allevamento, a mio parere è la poca sperimentazione e la “corsa all’oro” di questo nuovo mercato, che potrebbe generare piccoli grandi disastri.


Un tema importante è quello delle allergie. Il carapace degli insetti potrebbe dare reazioni avverse a chi sia già allergico a crostacei, molluschi e acari della polvere, e infatti le norme UE includono requisiti specifici di etichettatura per quanto riguarda l’allerginicità. "Gli integratori alimentari contenenti larve di Alphitobius diaperinus in polvere non dovrebbero essere assunti da persone di età inferiore a 18 anni ed è pertanto opportuno prevedere un requisito in materia di etichettatura al fine di informare adeguatamente i consumatori al riguardo" si legge nel regolamento proposto dalla Commissione europea e approvato dagli Stati membri il 5 gennaio scorso.

Sì, Alphitobius diaperinus , perché non troverete la scritta “farina di grillo” sui prodotti, ma il loro nome latino, Acheta domesticus o Alphitobius diaperinus, un simpatico coleottero che difficilmente avremmo voglia di mangiare con il suo nome originale.

Questa cosa degli ‘insetti mascherati’ è gia successa però, nella generale indifferenza.

E’ i caso del colorante rosso E120 estratto dalla Cocciniglia, un insettino che vive sulle piante che ha come unico torto quello di avere un bel colore rosso adatto alla colorazione di yogurt succhi di frutta, liquori, caramelle, prodotti dolciari in genere, medicinali. Questo colorante ‘naturale’ è stato nostro compagno di merende per molti anni fino a che il suo consumo è stato messo in relazione a iperattività, asma, orticaria e insonnia, e possibile cancerogenicità. Nei bambini e in soggetti allergici all’aspirina questi effetti appaiono più palesi. E chi sono i destinatari, quotidiani purtroppo, di prodotti lavorati di un bel rosso vivo, se non i bambini?

Vero è che questi prodotti di solito sono un autentico concentrato di sostanze nocive, dovremmo quindi valutare se eliminare solo la piccola cocciniglia dalle loro merendine o gettare via anche la merendina, con grande giovamento della salute del bimbo (e dell’insettino).


Al di là della questione salutistica, che sarà anche il tempo a definire, quale è la posizione della nostra industria alimentare? In Belgio e Olanda questi prodotti sono in vendita da diverso tempo, ma da noi quali saranno i prodotti interessati da questa rivoluzione e in che misura?


Questo l’elenco dei cibi e delle quantità tollerate


• Pane e panini multicereali, cracker e grissini (max 2 gr.)

• Barrette di cereali (max 3 gr.)

• Premiscelati per prodotti da forno (secchi) (max 3 gr.)

• Biscotti (max 1,5 gr.)

• Prodotti a base di pasta (secchi) (max 0,25 gr.)

• Prodotti a base di pasta ripiena (secca) (max 3 gr.)

• Salse (max 1 gr.)

• Prodotti trasformati a base di patate, piatti a base di legumi e verdure, pizza, piatti a base di pasta

(max 1 gr.)

• Siero di latte in polvere (max 3 gr.)

• Analoghi della carne (max 5 gr.)

• Minestre e minestre concentrate o in polvere (max 1 gr.)

• Snack a base di farina di mais (max 4 gr.)

• Bevande simili alla birra (max 0,1 gr.)

• Dolci al cioccolato (max 2 gr.)

• Frutta a guscio e semi oleosi (max 2 gr.)

• Spuntini diversi dalle patatine (max 5 gr.)

• Preparazioni di carne (max 2 gr.).


Ma a questa croccante integrazione proteica, diversi produttori alimentari si sono opposti.

Supermercati come Naturasì ha esposto locandine in cui afferma che nei suoi prodotti non saranno presenti farine di insetti.

La Barilla fa sapere sul suo sito che non ha interesse a produrre pasta con additivi di farina di insetti e immaginiamo che molte aziende decideranno che politica adottare in base alle risposte dei consumatori. Come è giusto che sia.

Il rappresentante di Italian Taste, il protocollo di certificazione che traccia l’originalità dei prodotti italiani nei ristoranti nel mondo esprime rammarico per questa penalizzazione del made in Italy e della dieta mediterranea in un momento in cui si sta così duramente lottando per la sua tutela.

Sulla presunta maggiore sostenibilità delle proteine di insetti va poi precisato che l'agroalimentare italiano, infatti, a fronte del più alto valore aggiunto in Europa pari a 65 miliardi di euro, espressione della qualità prodotta, ha una emissione di CO2 ad essa correlata pari ad 1/3 delle emissioni francesi e a metà di quelle tedesche.

Verrebbe da chiedersi perché l’UE non impedisca le frodi alimentari a danno dell’Italia con la stessa determinazione con cui favorisce l’entrata in massa della farina di insetti, o perché abbia introdotto il NutriScore che mette la CocaCola, in una posizione migliore rispetto all’olio d’oliva o al Parmigiano, assegnando lettere “scarlatte” in modo del tutto fuorviante.

E’ davvero la salute dei consumatori l’obiettivo dell’EU?


La questione quindi rimane una sola: la libera scelta. Se la dicitura in etichetta sarà chiara, il nome latino impareremo a riconoscerlo, sarà il mercato a deciderlo. Se come temono alcuni, la politica sarà piu pressante, rendendo via via piu complesso cercare alternative, starà a noi decidere del nostro futuro.


Protestare per un insetto nel piatto, non è ancora reato.


 
 
 

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