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Cibo ed emozioni

  • Immagine del redattore: Manuela Navacci
    Manuela Navacci
  • 8 feb 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 20 feb 2021

Stamattina ricevo un messaggio con una domanda molto interessante. “.. Come poter mangiare per nutrimento e non per emozione e non il contrario? Perché nella teoria siamo tutti d accordo ma poi bisogna mettere in pratica.”

La risposta è: non si può. Non si può mangiare esclusivamente per vivere.

Ed è il grande errore di tutte le diete, dimenticarsi della componente emotiva. Se si leggono i post che ho scritto negli anni, la relazione tra alimentazione ed emotività è sempre presente. Rompere il circolo vizioso delle cattive abitudini alimentari, delle compulsioni, dei craving, è possibile, agendo sia dal punto di vista puramente chimico, che dal punto di vista delle emozioni. Il cattivo cibo è un induttore di craving, per la sua capacità di alterare i messaggi di fame e sazietà che naturalmente regolerebbero la nostra alimentazione. Se un buon piatto di fagioli e spezzatino, con contorno di verdure, per esempio, riescono a darci appagamento, energia, e nutrienti, e una sazietà duratura, una fetta di torta, non sarà mai abbastanza, una patatina chiamerà sempre un’altra patatina, e la cioccolata in crema sarà abbastanza solo quando vedremo il fondo del barattolo. Esiste nell’industria alimentare un parametro chiamato Bliss point, che è il punto di piacere massimo che può dare un cibo, uno stimolo forte ma non eccessivo, che va a stimolare i centri della ricompensa ipotalamici, fa sprigionare endorfine, regala senso di appagamento momentaneo, con successiva forte necessità di ripetere il gesto, e mangiare ancora e ancora quel prodotto. Le aziende alimentari usano il bliss point per tarare i loro prodotti e renderli irresistibili, per poter vendere ancora e ancora e ancora. Loro fanno il proprio tornaconto, noi ne diveniamo schiavi inconsapevoli. Quel prodotto non è buono, da dipendenza è profondamente diverso. Non siamo noi a scegliere lui, ma lui a decidere per noi. Il cibo ricco di zucchero ci provoca dei picchi di iperglicemia e ipoglicemia che ci lascia stanchi e affamati dopo poche ore dal pasto: non siamo noi ad essere indisciplinati, golosi, incapaci di stare a dieta, abbiamo solo semplicemente FAME!!! L’eliminazione radicale di cibi che provocano per loro natura craving, dipendenza, aiuta incredibilmente a ridurre questi fenomeni. Consumare cibo sano, vero, gustoso e nutriente poi, regala al corpo e al cervello quella sazietà che facilita il recupero del rapporto con il cibo e le proprie sensazioni. Si perché tanti anni di errori alimentari (o orrori) portano il cervello a “imparare” alcuni percorsi che tenderà sempre a ripetere nei momenti di stress. Insegnare al nostro cervello nuovi percorsi di benessere di sazietà, è la chiave per sostituire a quei comportamenti autodistruttivi, nuove routine positive. “Non devi piu vivere di rinunce, ma piuttosto fare scelte” è una frase che dico spesso alle mie pazienti. Non alternare più digiuni a momenti di sfogo alimentare, ma piuttosto coccolarsi sempre con cibo buono, questo è quello che dobbiamo imparare a mettere in atto: volta dopo volta, il nostro cervello impara un nuovo percorso, che pian piano diventerà parte di noi. Non rinunciare per mesi al dolce, ma mangiarlo in forma corretta, quando questo mi darà energia e non quando diventerà grasso: una bella differenza. Non rinunce, scelte. In ultimo, ma non per ultimo, rispettare la chimica del nostro corpo. La vita di tutti i giorni, i momenti ormonali, gli stress del lavoro, ci portano a cercare compensazione nel cibo. E’ normale, fisiologico, ignorarlo significa pretendere dai nostri pazienti qualcosa che non è nelle loro possibilità. La fame del ritorno dall’ufficio, quella che arriva sul divano, mentre si cucina o dopo cena, è il segnale che tutto il giorno abbiamo “tirato la corda” col nostro corpo, e quando calano le difese si rivelano tutte le nostre fragilità, la fame accumulata, la mancanza di movimento, di sole, di emozioni positive. Evitare la fame incontrollata la sera, inizia dal mattino, mangiando a sazietà, poi con dell’attività fisica che rimodula il buon umore e il rapporto con il cibo, cercando quanto possibile di stare all’aria aperta. Niente di impossibile, si procede per gradi, se ne percepisce il potere rigenerante, e se ne diventa dipendenti, E questa dipendenza, dal benessere, dalle buone abitudini, questa sì la possiamo accogliere con gioia. Quindi, si, ci si può nutrire con le emozioni senza farci del male, vanno solo compresi i nostri meccanismi, e assecondati, e imparate strade nuove per volersi bene.

ps. la foto riassume bene il mio personale rapporto con il cibo. Una ciambella del genere è un divertente salvagente (che non posso non fotografare, diamine!), non certo cibo.


 
 
 

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