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Come ti boicotto la dieta

  • Immagine del redattore: Manuela Navacci
    Manuela Navacci
  • 1 feb 2021
  • Tempo di lettura: 8 min

Quello che segue è un mio articolo pubblicato sulla rivista "L'altra Medicina" del Dottor Luca Speciani.


Un regime alimentare, anche il piu corretto ed equilibrato, deve far i conti con “insidie” che nulla hanno a che fare con la sua validità. Anzi.


Alcuni percorsi nutrizionali seppur corretti, possono nascondere delle insidie. Queste insidie, sono varie forme di boicottaggio, sia da parte di persone esterne al paziente, e, il più insidioso, quello da parte del paziente stesso.

Il boicottaggio esterno, è quello che tipicamente mi riferiscono alcuni pazienti, avviene durante le cene con le suocere, o al ristorante con gli amici, o dalla vecchia zia: “Ma cos’è che mangi? Ma stai a DIETA??? Ma lascia stare sono tutte scemenze”, o “Ma stai benissimo così non ti vorrei più magro”. Eh magari lui sì.

Sono tutti esperti di alimentazione, sport, salute.

Quello che muove il popolo dei “Ma lascia stare!” e “Oggi niente dieta!” e financo i “Un giorno a settimana puoi sgarrare”, in parte sono buone intenzioni, credendo di fornire al malcapitato una buona scusa per uscire dalla morsa di un regime alimentare vessatorio, crudele, e anche quella, sicuramente lodevole, di far assaggiare i buoni manicaretti che ha cucinato quel giorno. Però spesso queste buone intenzioni si spingono fino ad un livello che mette sotto pressione l’ospite, e in crisi il suo percorso alimentare.

Così la mia paziente Carmela, mi riferisce che dopo settimane di alimentazione corretta, si sentiva “Incredibilmente bene”, per la prima volta dopo tanto tempo, “Sono sazia, contenta, speriamo che duri!”.

E lo speriamo che duri, mi fece intuire che intorno e dentro di lei c’erano insidie di cui non mi aveva parlato. Ma che temevo a breve, mi avrebbe raccontato.

E infatti in una lunga mail mi racconta di come sia andata in crisi per una cena con la famiglia, durante la quale, lei ha fatto il fatale errore di dire “Questo non posso mangiarlo, sono a dieta”. “Da quel momento, l’argomento della serata è stata la mia dieta, e tutti mi hanno detto cosa avrei potuto mangiare e cosa no, cosa mi poteva far bene, cosa avrei potuto, e anzi dovuto assaggiare”. Carmela si sente a disagio, è ospite, e nonostante il percorso la soddisfi e sappia come seguire certe semplici regole, la faccia stare meglio dopo tanti anni di disagio, non è in grado di spiegarlo ai suoi commensali, non quando tutti le dicono cose diverse, apparentemente con buone intenzioni. Sono a tavola, lei vuole solo smettere di essere al centro dell’attenzione. “Sono andata in confusione, ho assaggiato un po’ di tutto, anche se non ne avevo voglia, sperando smettessero.” E hanno smesso, ma per Carmela è stato un momento pesante che si è portata aventi per giorni. “Cosa posso fare per rimediare?”. Trarre insegnamento da questo episodio, e riprendere il nostro bel percorso. Imparare perché avvengono certe situazioni e gestirle la prossima volta.

Karolina ha un racconto simile, ma l’avevo preparata, e ha saputo reagire. Karolina è una ragazza dolce, gentile, ma da brava sportiva ha un carattere forte e determinato, sa che per raggiungere un obiettivo c’è una strada da fare, e la percorre, serena, disciplinata. E’ una combattente Karolina, pur con la sua giovanissima età. Ma non ama deludere il prossimo, farebbe di tutto per non deludere nessuno, e questo era un possibile punto di fragilità.

“Potrebbe succedere che qualcuno proverà a boicottarti, o tu stessa proverai a farlo. Tu rimani serenamente nelle tue convinzioni, e vai avanti, e se cadi ci rialziamo insieme”. Karolina non è caduta; l’ennesima volta che la suocera gli riempie il piatto di cibo, cibo che aveva già rifiutato varie volte, trova una scusa per controbattere all’ennesimo “Ma dai che oggi puoi”, e da brava studentessa in medicina trova scusa geniale, contro cui, anche il mestolo più implacabile, deve desistere “Sono in prediabete, non posso”. Ovviamente non è vero, ma se è vero che sono tutti esperti di nutrizione, tranne la poverina che si è messa a dieta, in pochi provano a fare i medici. E depongono le posate.

Il boicottaggio poi raggiunge livelli più impegnativi, Boicottaggio 2.0 quando scardina le sicurezze della persona su tutto il percorso, non solo per quella sera.

Ed è così che Sabrina, rinata durante le prime settimane di percorso alimentare, incredula della sua sensazione di benessere e serenità ritrovata, inizia a mandarmi messaggi in cui chiede aiuto per “Ritrovare motivazione”. “Chi è stato?” le chiedo, perché so che questo sconforto non è farina del suo sacco.

“Un po’ tutti… eh ma sai hanno ragione, dopo tante diete non credono che questa sia quella giusta, e mi dicono che la fallirò come le altre, inutile che mi illudo. Vogliono proteggermi”.

Queste frasi mettono a dura prova il mio autocontrollo, si starà notando dal tono di queste righe, nelle quali avrò difficoltà a mantenere il politically correct, per una volta.

Perché strutturare per un paziente un percorso alimentare, almeno per me, non è soltanto fare una dieta, anche la più equilibrata del mondo, ma significa capire la storia alimentare del paziente, dal punto di vista pratico ed emozionale, sostenerlo di fragilità, (e talvolta anche scuoterlo!) ognuno a modo proprio, ognuno è un universo a parte. Qualcuno va avanti con passo spedito e senza quasi bisogno di aiuto, altri hanno bisogno di più sostegno e tempo. E sentire che qualcuno esternamente spezza le alucce appena spuntate ad un paziente che si sta rialzando, beh mi fa arrabbiare un bel po’.

“Lo fanno per me, ho fallito tanto, mi vogliono proteggere”. E no, se le altre due categorie di boicottatori, hanno una radice di accoglienza e protezione, magari mal esposta ma ce l’hanno, beh questa terza che spara alle gambe di chi si rialza, senza una minima considerazione degli effetti sulla persone, beh no, non ha nessuna scusa, funzione, utilità.

Se qualcuno vuole proteggerti, tenta di capirti, di valutare con te, di comprendere cosa stai facendo, ascolta il tuo entusiasmo per il percorso, e in silenzio lo valuta, non ti fa sentire una stupida fallita, perché questo sì ti ferisce e non ti permetterà mai di rialzarti. Come quelli che “Non sono maleducato, sono sincero” No no sei maleducato. Costui non vuole il tuo bene, mai. Forse lo crede, forse.

E aiutare una persona che ha subito un boicottaggio così ampio e profondo, è davvero complicato.

Ma perché esistono questi boicottatori seriali? Chi sono costoro?

Come dicevamo, ogni categoria ha le proprie motivazioni, che vanno dalla reale intenzione di accudire l’ospite, e salvarlo per un sera dalla sua dieta triste (anche se lui continua a ripetere che non è triste, che sta bene, che ne è felice),motivazioni che vanno da quel mix pasticciato di proprie convinzioni, sentito dire, sentito in TV, letto sulla rivista alla moda, e…. ostinato bisogno di sgretolare i propositi altrui.

Perché sì, ammettiamolo, sotto sotto cova anche questo. Le sicurezze di chi sta facendo un percorso alimentare soddisfacente, il suo nuovo aspetto più snello, la luce negli occhi del “finalmente ho trovato la mia strada”, mettono tragicamente in evidenza i fallimenti dei boicottatori, e più il malcapitato prova a resistere, più il boicottatore teme che rimarrà il solo ad aver rinunciato a sentirsi bene.

Come si dice, mal comune mezzo gaudio no? Se fallisci anche tu, evidentemente davvero non si può cambiare, stare meglio, ma se tu riesci, devo mettermi in dubbio, e questo è davvero troppo. E sotto quanti più mestoli di crema zabaione posso seppellire il tuo entusiasmo, più sarò sereno: il cambiamento è fallimento. Amen.

In questi casi, cercare di far ragionare i mestolatori seriali, soprattutto se sono più d’uno, lo sconsiglio, se non si ha voglia di intraprendere una vera battaglia, poco adatta ad una cena in famiglia o con gli amici.

Un semplice “E’ buonissimo sai, ma se lo mangio poi non mi sento bene”, rispecchia la realtà, evoca lo spettro di un problema di salute e evita la parola “dieta” “sano” “dimagrire” che scatena molti Sottuttoio.

Differente la storia della mia paziente Marcella, caso eclatante di sensibilità al glutine non celiaca, ostinatamente negata da molti del settore, fino ad attribuire la colpa alla sua suggestione, dei suoi gravi, gravissimi malesseri, dolori perdita di capelli, astenia; Marcella e la sua suggestione, ora senza il glutine vivono molto meglio, ma questo molti suoi familiari lo percepiscono come una sua ostinazione a sentirsi diversa, e continuano a proporglielo in varie forme “Dai che non ti fa niente”. E Marcella invece sta male. Ma male davvero. In questi casi, sfoderiamo l’artiglieria pesante, e un “Perdonami ma rischio una reazione avversa” chiude la partita. Giù i mestoli.

Anche in questo caso, mascherata da accudimento, non riesco a non vederci una pervicace necessità che niente cambi, nemmeno lo stato di salute della persona che sta provando a star meglio. Non tanto per cattiveria, ma perché le cose che cambiano, sotto sotto, fanno paura. Stiamo tutti un po’ male, signora mia, che ci vuole fare.

Diversa è la questione quando il boicottatore siamo noi stessi.

“Ma se dovessi sgarrare che faccio? Ma la pizza del sabato, ma il cornetto della domenica mattina, e il giorno libero me lo dà, ma almeno un podizuccheronelcaffè?”

Questa frase in prima visita, dopo un ora e mezza di spiegazione sui danni degli zuccheri, sulla importanza della normocaloricità e sui danni delle diete classiche, mi fanno pensare a un tunnel che il paziente sta scavando sotto il proprio percorso, senza averlo ancora nemmeno iniziato. La parola “sgarrare” poi mi fa sanguinare le orecchie, e il giorno libero mi fa tristezzissima, perché in un regime alimentare ben fatto ogni giorno è un giorno libero, libero di mangiare quanto si vuole, cose buone sane; lo sgarro e il giorno libero lasciamolo alle dietine tristi.

Ma quando sento certe domande, capisco che in realtà il paziente mi sta dicendo “Ho paura di fallire, ho paura di cambiare, e quindi farò di tutto per fallire subito, ti avverto fin da ora che succederà, se non ci provo nemmeno non rimarrò deluso, il fallimento non sarà mai esistito” .

Le cose che cambiano fanno paura, prima di tutto a noi stessi.

Questo meccanismo può scattare subito, o quando la persona, man mano che mangia meglio, sente il cambiamento, sente sgretolarsi i motivi che la tenevano legata ad una realtà che non gradiva, non vede più ostacoli ad essere la persona che ha sempre voluto; e si spaventa.

Alcuni si spaventano, altri sentono l’ebbrezza della libertà. Ma chi si spaventa, inizia a tirar fuori dal baule della propria memoria, ogni genere di azione compensativa per gestire l’ebbrezza della libertà, la paura della libertà, e ora è il biscotto dopo cena, ‘come facevo da piccola’, ora è il barattolone di cioccolata davanti alla TV.

“Ecco vede, non riesco a rinunciarci”. Io ho bisogno del dolce!!” mi dice Valentina. No tu hai paura. Paura della nuova te che potrebbe uscire.

E’ paura solo ed esclusivamente paura. Uscire dalla zona di comfort, quella di azioni negative reiterate nel tempo, è esaltate e pauroso al tempo stesso.

Ma più ci si allontana, e meno il centro gravitazionale di quella zona, di quel disagio, di quel dispiacere, avrà potere attrattivo nei nostri confronti.

In questi casi l’importante è aiutare il paziente a ritrovare la motivazione, con gentilezza, empatia e talvolta con qualche scossone. Quando reagiamo con un comportamento compensatorio ad uno stress (ansia/cibo dolce) il nostro cervello apprende una via di fuga dal dolore. E proverà ad attuare quella strategia per sempre, una sorta di strada, una vera via neuronale che

si forma, che imbocca per sfuggire al problema.

Imparare a riconoscerla, accettarla e acquisire gli strumenti per gestirla, per “costruire” nuove vie di fuga dal dispiacere, dai normali stress quotidiani, per alleggerire la tensione, è la chiave per diventare individui nuovi, liberi dai comportamenti alimentari che ci danno disagio.

Imparare comportamenti positivi per creare strade positive, di reazione agli stress.

E Valentina li ha imparati.

Prima di inviare queste pagine al direttore del giornale, come sempre le leggo alla mia dolce metà, che decreta:

“Storie. Balle. Se non vuoi fare una cosa non la fai, se mangi è perché vuoi mangiare, altrimenti dici no grazie e finita li, sono tutte scuse”.

Vero, dimenticavo.

Io ho tre tipi di pazienti, il soldatino, che una volta capito il metodo ne è entusiasta e niente può scalfirlo (la sua gioia è il suo elmetto), il sabotatore/sabotato, che pone il suo vissuto come zavorra al percorso.

E poi gli uomini.

Ma di questo ne parleremo in seguito.



 
 
 

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