L'Apigenetica
- Manuela Navacci
- 3 apr 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Stamattina le api del mio vicino, apicoltore per diletto, hanno deciso di sciamare sul mio albero di albicocco. E io, inizialmente le ho sollecitate a fare il loro lavoro, perché quest’anno voglio un bel raccolto, ma poi ho dovuto chiamare il mio vicino per riprendersele, perchè temevo potessero essere vittima di qualcuno impaurito dallo sciame. Piccole lavoratrici indefesse. Quindi il mio vicino prima ha preso la regina, e poi le altre operaie e tutto è tornato alla operosa normalità. Le api, oltre ad essere la base della nostra sopravvivenza (sapete che senza api ci estingueremmo in brevissimo tempo?) sono un esempio lampante degli effetti epigenetici del cibo. Cos’è l’epigenetica? Una branca della scienza che studia come i fattori esterni modulino l’espressione dei nostri geni. Ognuno nasce con il proprio patrimonio di geni, con quello che è detto genotipo, ereditato dai genitori, quel cocktail di informazioni che dicono quello che saremo da adulti. O meglio potremmo essere, in primis il cibo. Infatti molti sono i fattori che influenzano come sarà il nostro futuro “genico”. Stessa regola per tutto il Creato, anche per le api appunto. Un’ape operaia, piccola, sterile, con vita breve (e un filo faticosa eh), ha lo stessissimo patrimonio genetico della grande, prolifica Regina, lo stessissimo. Cosa determina allora questa differenza abissale tra i due animaletti? L’alimentazione. La Regina viene alimentata tutta la vita con pappa reale, mentre le apine operaie la mangiano per pochi giorni, e poi si devono accontentare di miele e polline. E questa diversa alimentazione è in grado di agire a livello metabolico, inducendo lo spegnimento e l’accensione di alcuni geni, scoprendo o mascherando insomma alcune parti del DNA (quella cosina che ci governa, e vedete nel mio marchio) rendendole attive per la trascrizione di geni, di quelle informazioni che poi diranno quale è il destino di quell’individuo. Cos’ le informazioni sulla fertilità, dimensione, morte cellulare, switchano, da piccolo a grande, da sterile a fertile, perché si maschera un gene e se ne scopre un altro. Fantastico. Così un Genotipo (ossia cosa è un individuo a livello dei suoi geni) diventa un altro fenotipo (ossia quello che poi realmente appare), solo per l’influenza dell’alimentazione. E questo accade anche agli altri esseri del Creato, e quindi anche noi. La maggior parte dei “Eh ma io sono così, è genetica”, sono totalmente , o a volte in parte, non sono che scuse, o mancanza di informazione, sul fatto che le cose potrebbero andare molto ma molto meglio. Moltissime predisposizioni (a ingrassare, a malattie, a sensibilità alimentari, la qualità e la durata della nostra vita) potrebbero essere migliorate, se nei primi momenti di vita si agisse a livello epigenetico, con l’alimentazione. E questa possibilità di miglioramento, quella che è indicata come “plasticità del DNA” continua per tutta la vita, seppur con un effetto piu moderato. I danni fatti da piccoli, quando la replicazione cellulare è al suo massimo, possono essere in parte recuperati, ma resteranno comunque stampati, sia nel modo di porsi rispetto al cibo, e sia nel nostro codice genetico. La buona notizia è che la rimanente plasticità del DNA potrebbe regalarci comunque una vita molto molto migliore. Ma occorre che ci sia plasticità anche nel nostro modo di porci rispetto ad un nuovo stile di vita, modo di concepire la nostra salute e il livello di benesse che dobbiamo pretendere, e per questo, non c’è pappa reale che basti. Allora apine, ronziamo?

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