L’insostenibile pesantezza del cibo “light”.
- Manuela Navacci
- 20 apr 2021
- Tempo di lettura: 7 min

Con la bella stagione inizia la corsa ai rimedi dell’ultimo minuto, e l’industria alimentare non si fa trovare impreparata.
La bella stagione è alle porte, e più di ogni altro anno, arriva irresistibile il bisogno di luce aria e…leggerezza.
Leggerezza nei discorsi (ma cosa va di moda quest’anno??) nei propositi (pizza o cinese stasera?) nei vestiti ….e sulla bilancia.
La dietetica degli ultimi decenni ha colpevolmente radicato nella popolazione mondiale il concetto che la “dieta” sia sinonimo di “Periodo triste di privazione e costrizione di breve durata, alternato a periodi di libagioni senza controllo, previo tornare mestamente, e inevitabilmente ‘a dieta’. Da lunedì”
Questo andamento altalenante tra periodi di “magra” della dieta e perdita di controllo nei momenti di libertà o presunta tale, ha generato una schizofrenia alimentare di cui paghiamo le conseguenze con una popolazione supernutrita, malnutrita, incapace di gestire la propria salute.
Comunque questa altalena non è sfuggita all’industria alimentare, che come è sua vocazione, trova il prodotto giusto per ogni occasione, stato d’animo, pausa, anche quando la pausa non c’è. Una volta in coda nel traffico, nel bus avanti a me vidi una pubblicità che recitava più o meno così “Nel traffico? Questo è il momento per un estavattelappescatè!”. In macchina mi bevo un tè? Nel traffico ho bisogno di una camomilla calda, non di una dose di teina e zucchero, poi si che sbrano il vicino di fila!
Ma l’industria è fatta per questo, soddisfare bisogni, anche quelli che non sapevi di avere. E così, ci sono snack e cibi di ogni tipo per la fase UP, quella delle libagioni incontrollate, cibi ricchi di zuccheri sale e grassi idrogenati, quelle del “Chi vuol essere lieto sia, della dieta c’è certezza” , in cui la dominante del sapore è zuccherozuccherograsso grasso, qualsiasi altra sfumatura di sapore è bandita, perché tanto non interessa a nessuno: sì perché nella fase della libagione, pre e post dieta, l’animale uomo, come qualsiasi altro animale privato del proprio cibo quotidiano, poco si interessa della sfumatura di cannella e zenzero fresco nel dolce del mattino, in quanto affamato cronico pensa solo a rimpolpare le scorte fisiche ed emotive di carboidrati e grasso. Se non fosse cosi mal educato al cibo, se lo considerasse per quello che è, cioè una splendida sinfonia di sapori e messaggi che arrivano al nostro corpo, modulandone il funzionamento, avrebbe più rispetto per il proprio corpo e per il proprio senso del gusto, e pretenderebbe di più da quello che mette nel piatto; ma no, è tenuto al guinzaglio da questa folle giostra che ci chiede di aver bisogno di sapori sempre più intensi, sempre più violenti, ma piatti e monocorde.
E i sapori saranno forti e monocorde anche nella fase DOWN, del periodo di magra, nel periodo in cui hamè giocoforza dopo la domenica di libagioni arriva il lunedi della dieta, un po’ come il sabato del villaggio ma un molto meno poetico.
E in questo obiettivo di mantenere anche nella fase di ‘dieta’, gli stessi identici sapori nei cibi che propone, per non perdere nemmeno uno dei fedelissimi consumatori, l’industria alimentare propone una miriade di cibi “light” che sono un valzer di aggiunte e sottrazioni per far tornare il conto del gusto; togli il grasso, aggiungi gli addensanti, togli lo zucchero aggiungi il dolcificante, togli il grasso al burro aggiungi l’acqua e gli emulsionanti, ma poi raddoppia la dose di burro perché non sa più di niente.
Eh sì perché se schiere di assaggiatori nei laboratori delle aziende alimentari, sono lì a testare che quel prodotto in versione light , leggera, dietetica, si discosti poco dal prodotto originale, che la palatabilità rimanga la stessa, che il bliss point* rimanga inalterato, poco importa quale sarà l’effetto a medio termine sul consumatore, insomma se sfamerà, e nutrirà come con il prodotto originale. E qui sorgono alcuni problemi.
Eliminare un nutriente fondamentale come il grasso, ad esempio dagli yogurt 0% significa, oltre a privarli di una quota di nutrienti importanti come le vitamine liposolubili, significa togliere potere saziante e sapore. Così per non perdere la fetta di consumatori, si aggiungono spesso grandi quantità di zucchero e preparazioni che di frutta hanno solo il nome, che invece di saziare come farebbe un normale yogurt intero, lasciano affamati e in preda all’ottovolante della glicemia, non modulata dal grasso naturale dello yogurt.
Se poi si vuole esagerare ed evitare lo zucchero, per poter dichiarare con orgoglio le poche calorie contenute nel vasetto, si possono aggiungere dolcificanti, o ancora, come è molto di moda ora, sostanze non ritenute dolcificanti quindi dichiarare che il prodotto è “senza zuccheri aggiunti”.
Da dove arrivi il sapore dolce, il consumatore non se lo chiede, preferisce avere fede nel potere della chimica. E la chimica sono semplicemente molecole non registrate come “carboidrati” che quindi sfuggono a questa definizione di legge, che spesso nel nostro corpo non vengono metabolizzate a produrre energia, e quindi sono in effetti a calorie zero. Ma cosa succede quando introduciamo nel nostro corpo una sostanza sconosciuta che non segue un metabolismo che il corpo stesso si aspetterebbe? Mi spiego. Il vostro yogurt, cioccolato, barretta, biscottino, la bibita senza zuccheri aggiunti, è dolce, i recettori della bocca lo percepiscono come tale, lo assaporate, le molecole più leggere arrivano al naso e arriva uno stimolo al cervello, che dice qualcosa di chiaro, incontrovertibile: dolce.
“Wow” pensa il vostro cervello, “sta per arrivare un bel dolcetto nello stomaco, se conosco il mio lavoro, entro poco sarà nell’intestino e poi nel sangue nel giro di un’oretta, quindi prepariamoci a gestire l’incremento di glicemia che ne deriverà”, e cosi, si porta avanti iniziando a sintetizzare insulina, e ad attivare il processo di digestione e assorbimento dello yogurtino. Peccato che di zucchero nel sangue non ce ne sia traccia, e il vostro cervello si trova spiazzato. Per quanto voi possiate imbrogliare, o tentare di imbrogliare il vostro cervello, lui ha la memoria di migliaia di generazioni e quindi ne sa parecchio più di voi e quindi quando intuisce che un certo stimolo dolce ha prodotto un incremento della glicemia pari a zero, resetterà il vostro gusto del dolce per farvi cercare cibo ancora più dolce la prossima volta; e questo si traduce sia in un bisogno compulsivo di carboidrati nelle ore successive all’ingestione del prodotto dolcificato, sia in una alterazione della percezione del gusto “al rialzo”, insomma percepirete tutto più amaro di prima, più insignificante che mai.
Questo si spiega col fatto che il dolce è un sapore prezioso per gli esseri umani, che hanno un metabolismo prettamente glicolitico, un motore insomma che va a zuccheri: la ricerca del dolce in ogni cibo è un attività costante per l’uomo preistorico che si ciba di bacche ed erbe, un lavoro duro che gli impone di preferire tutto quello che è piu dolce e quindi piu maturo e quindi piu calorico. Così come ha un significato antico ed evolutivo la ricerca del croccante, che è abbinato ai frutti maturi e freschi, e una repulsione per il cibo aspro, (possibile frutto avariato) che evolutivamente parlando è una conquista relativamente recente.
E noi, anche se ben vestiti e nelle nostre macchine moderne, biochimicamente ed emotivamente siamo uomini presitorici e rispondiamo allo stesso modo agli stimoli del cibo.
Insomma, il dolce è un sapore prezioso e primario nella nostra scala dei bisogni, se tentiamo di imbrogliare il nostro cervello, lui correrà rapidamente ai ripari: ci farà mangiare di più. E se questo non bastasse a raccontare quanto sono dannosi questi prodotti, ci pensa un altro dato incontrovertibile: il consumo anche per brevi periodi, settimane, di dolcificanti, seleziona la flora batterica intestinale, rendendola obesogenica, cioè in grado di alterare i nostri livelli di glicemia e grassi ematici. Insomma meno calorie introduciamo piu veniamo spinti a mangiare in modo incontrollato ed estraiamo piu energia dal cibo introdotto: una bella beffa non vi pare?
Ma il bisogno di sentirsi rassicurati da un cibo “senza” i grandi colpevoli dell’era moderna, carboidrati e grassi non si ferma, e vengono creati i corrispettivi di famosi biscotti, famose merendine, nelle quali il miracolo della leggerezza viene sbandierato con un liberatorio “Ora puoi”, dopo aver inserito un po’ di crusca, tolto un po’ di lattosio, sostituito qualche zucchero.
La cosa buffa è che se qualche consumatore si prendesse la briga di girare la confezione, distogliendo lo sguardo dalla donnina magra che campeggia sulla parte anteriore della confezione, e leggesse la tabella nutrizionale, avrebbe l’amara sorpresa di vedere che le calorie, sì siì le odiate calorie quelle attorno a cui è ruotata tutta la fallimentare dietetica degli ultimi decenni, sono tragicamente, graniticamente le stesse del suo omologo prodotto peccaminoso. In compenso ci saremo rimpinzati di dolcificanti artificiali, crusca non biologica (e allora meglio farina bianca!) correttori di sapore di vario tipo, con un effetto saziante ancora inferiore al biscotto originale, anche perché, diciamocelo, un biscotto light tira l’altro tanto non pesa sulla coscienza, ma sulla bilancia sì.
Alterazioni della percezione del gusto, aumento del consumo di prodotti industriali, solo perché ritenuti salutistici, eliminazione di cibo vero perché ritenuto “grasso” “calorico” “pesante” , snaturano il nostro rapporto con il cibo, il senso della sazietà e la nostra flora batterica intestinale, con il risultato evidente di una popolazione sempre più fragile, sempre più disorientata e incapace di gestire un atto semplice e istintivo come alimentarsi.
Riattivare l’asse intestino cervello, nutrendosi con cibo vero, e il cui messaggio all’interno del nostro corpo sia di attivazione, nutrimento, equilibrio, è l’unico modo per ottenere e mantenerci in forma e in salute.
Il corpo non vede il cibo per le calorie che questo contiene, ma per i messaggi che porta con se. Due cibi con le stesse calorie possono avere destini metabolici opposti a seconda la loro composizione in nutrienti: uno può essere infiammante, stimolare l’aumento di massa grassa e il rallentamento metaboalico, mentre l’altro mandare messaggi di attivazione del metabolismo, modulazione del sistema immunitario, costruzione della componente magra.
Il cibo è un segnale. La caloria è un concetto termodinamico che funziona bene in un buffo strumento dello Bomba calorimetrica, che poco ha a che fare con il nostro complesso, meraviglioso intreccio di vie metaboliche che hanno un unico scopo: farci sopravvivere. Anche agli imbrogli light.
Siamo al paradosso che cibarsi secondo l’istinto che ci ha portato fin qui attraverso milioni di anni, è diventato un atto rivoluzionario di cui pochi guerrieri si fanno paladini, e di sono orgogliosa di far parte.
bliss point*
Il concetto di Blissi Point, o punto di massimo piacere è un parametro a cui si ispirano tutti i prodotti industriali per regalare al consumatore una esperienza gustativa che lo porti a ripetere l’atto. In poche parole il gusto del cibo è costruito per rendervi dipendenti da esso.
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