No signora! Col farmaco non è a posto
- Manuela Navacci
- 24 nov 2023
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 23 apr 2024
La scena che vi descrivo è tristemente sempre più frequente nella mia pratica di nutrizionista
quando compilo l’anamnesi preliminare di un nuovo paziente:
“Funzione tiroidea?”
“Bene. Prendo la pasticca”
“…..se prende la pasticca non è bene, che problema ha?”
“No avevo un problema, ora è passato. Avevo i valori della tiroide alti…o bassi, non ricordo….
Ma ora vanno bene”
“Il TSH era alto, T3 T4 bassi immagino… era ipotiroidismo. Ma sa per quale motivo è andata
in ipotiroidismo? “
“Ah non so ma ora è risolto”
(e dai, 'risolto', riprovo)
“Per caso ha una Tiroidite?”
“Sì sì certo, ma tanto tempo fa adesso non so”
“…. Ma sa cosa è una tiroidite?”
“No ma tanto ora sono a posto”
A quel punto sento il dovere di spiegare alla paziente cosa sia una tiroidite, quali sono le
possibili cause di una attivazione autoimmune e cosa può portare a lungo termine trascurare
la causa primaria di un problema gestendo in modo farmacologico il sintomo.
E’ un po’ come se ci mettessimo delle cuffie con della musica sinfonica per non sentire il
rumore della sega che taglia il ramo su cui siamo beatamente seduti: il rumore non ci
disturberà più per un po’(abbiamo risolto) ma quando il ramo si spezzerà sarà troppo tardi per correre ai ripari.
Spiegare cosa sia una tiroidite alla paziente risulta necessario anche perché durante
l’anamnesi sono evidenti altri sintomi di questa attivazione autoimmune che nessuno mai la ha aiutata a comprendere, e che sta gestendo farmacologicamente in modo separato e spesso infruttuoso.
Spiego quindi che con grande probabilità l’alterata funzione tiroidea non arriva dal nulla ma arriva dall’ambiente, dallo stile di vita, dall’alimentazione, e che quindi fa parte di quei “Fattori di rischio modificabili” su cui abbiamo quindi pieno controllo, ma che vengono puntualmente,
colpevolmente, ignorati, da medici e quindi dai pazienti.
Se comprendo che non sia compito del medico valutare lo stile di vita e alimentare di ogni paziente, e che forse non ne ha spesso neppure la formazione necessaria, trovo al limite del criminale che non venga neppure consigliata una visita con chi invece di queste cose ne sa, e che molto potrebbe fare per il decorso della malattia.
Perché quello che non viene spiegato al paziente, al momento della prescrizione della prima terapia con ormoni tiroidei, è che quella è una strada senza ritorno che non porterà mai alla
soluzione del problema ma anzi, oltre a silenziarlo come abbiamo visto, e a lasciare che la causa primaria faccia il suo lavoro distruttivo, la pillola stessa impigrirà l’organo, rendendolo sempre meno incline a fare il suo lavoro.
Il nostro sistema ormonale funziona a feedback negativo/positivo: la centrale operativa,
l’ipotalamo modula ad ogni istante la produzione di ormoni propria e degli organi posti sotto il proprio controllo, modulandone la secrezione perché questa mantenga costante il lavoro dell’intero organismo: maggiori necessità energetiche corrisponderanno a maggior produzione, e viceversa, ma anche maggior presenza di ormoni, corrisponderà a minor produzione; l’assunzione farmacologica di ormoni tiroidei quindi (o di qualsiasi altro ormone) porta il sistema ormonale a rallentare la produzione endogena, rallentando di fatto la funzione dell’organo.
E questo accade per tutto il sistema ormonale, ma anche per tutti gli organi nel loro insieme, se poco stimolati rallentano la loro funzione un po’ come un muscolo che non viene adoperato
riduce il suo tono e conseguentemente la densità dell’osso su cui si inserisce. Cosi è tipico che i pazienti in trattamento con terapia ormonale dopo diversi anni di “cura” finiscono inevitabilmente per aumentare in modo esponenziale il dosaggio del farmaco, fino a che non si parla più di un sostegno per l’organo, ma una vera e propria sostituzione. Ma è davvero una strada obbligata?
A giudicare dalle pazienti, per la maggior parte donne, che vengono in studio da me, sì.
Come la ragazza giovanissima che ancora in eutiroidismo, venne da me per malesseri diffusi stanchezza, perdita di capelli e gonfiore addominale.
L’anamnesi puntava diritto alla funzionalità tiroidea e all’autoimmunità, e le chiesi quindi se la avesse valutata.
“Sì ho una tiroidite di Hashimoto da tempo, ma la tiroide va bene, e il mio endocrinologo mi ha detto “Finchè la tiroide regge non facciamo niente, stiamo a vedere”
Finchè la tiroide regge? Stiamo a vedere come una ragazza di 30 anni va in ipotiroidismo e poi in terapia a vita? Ecco questo davvero, davvero non lo capisco.
Nella fattispecie la ragazza aveva sintomi gastrointestinali cosi palesi che non è stato difficile comprendere dove aveva origine il “fuoco” che alimentava l’autoimmunità.
Ma la tiroidite è una malattia che non guarisce, è questa la posizione ufficiale della medicina, inutile cercarne le cause. E’ davvero cosi?
Ma la tiroidite non è una malattia genetica, definita alla nascita, è un anomala attivazione del sistema immunitario che ha sicuramente concause genetiche ma anche ambientali e questo è modulabile o no?
Le patologie tiroidee negli ultimi anni hanno subito un preoccupante aumento, e in particolar modo nelle donne over 40, è frequente riscontrare problematiche come, noduli tiroidei, tiroiditi e più frequentemente ipotiroidismo.
L’ipotiroidismo può portare problematiche come stanchezza, stitichezza, irregolarità nel ciclo mestruale, aumento di peso, dovuto anche ad un rallentamento del metabolismo cellulare, metabolismo che è sotto la direzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide.
L’ipofisi produce l’ormone TSH (ormone tireotropo o tireostimolante), che a livello tiroideo stimola la produzione dei due ormoni, la tiroxina, T4 e la triiodotironina, T3.
Questo asse metabolico “dirige” l’andamento del nostro metabolismo cellulare, modulandolo a seconda della disponibilità energetica del corpo: un calo energetico dovuto a malnutrizione, stress, insonnia, portano l’ipofisi a produrre più ormone TSH che a sua volta stimolerà la
tiroide a produrre più ormoni T3 e T4, i responsabili ultimi del metabolismo cellulare. Tutto questo splendido meccanismo a feedback, quindi con continui scambi di informazione dalla periferia (le cellule) alla centralina (l’ipofisi-ipotalamo) regola finemente l’equilibrio, l’omeostasi, del nostro corpo, in questa come in tutte le altre risposte ormonali.
L’equilibrio si rompe quando un organo è costretto ad un super lavoro per troppo tempo, per tanti anni. Nel caso della tiroide, un metabolismo cellulare cronicamente lento, per una dieta povera di sostanze nutritive, stress protratti, inquinamento, porta ad un super lavoro tiroideo cosi prolungato che alcune parti del tessuto si modificano e possono insorgere noduli e successivamente zone che il sistema immunitario non riconosca come propre, e inizia ad attaccarle generando, in soggetti predisposti, tiroiditi.
In particolar modo diete privative prolungate, carenze croniche, come è tipico della nostra alimentazione, di minerali quali selenio, zinco, iodio, carenze di vitamina D, la bassa idratazione, la presenza nella nostra alimentazione di interferenti dell’attività tiroidea quali i grassi idrogenati, e il bromo dei prodotti da forno, alti livelli di glicemia, fanno si che la tiroide lavori in maniera non fisiologica per molti anni in modo (apparentemente) silenzioso, e si palesi in modo sintomatico quando ormai il tessuto è danneggiato.
Ho scritto apparentemente; silenzioso perché spesso siamo noi ad ignorare i segnali che invia il nostro corpo, come un peggioramento del livello energetico, della qualità della pelle, dei capelli delle unghie. Diamo la colpa allo stress, e andiamo oltre, magari ricorrendo a qualche integratore miracoloso.
Lo stress psicofisico c’è, ma c’è anche quello cellulare, che ci sta lentamente ma
inesorabilmente portando alla malattia.
Ignoriamo i segnali come i dolori diffusi, la stanchezza, la confusione, il gonfiore addominale, segno che nel nostro corpo è in atto una battaglia che si chiama infiammazione di basso grado, che non potrà vincere se continuiamo a non fornirgli i giusti nutrienti e continuiamo a dargli degli inquinanti alimentari.
E’infatti vero che sono sempre più forti sono infatti le evidenze che legano la salute della
tiroide con quella del nostro intestino.
Una alimentazione sbilanciata, l’uso di farmaci, e anche lo stress, modificano
profondamente la composizione del microbiota intestinale: gonfiori, stipsi, diarrea
occasionale, se protratti nel tempo sono probabili sintomi di una disbiosi intestinale, che a sua volta modifica la struttura delle pareti intestinali, perché sono i batteri stessi, se sono in eubiosi, a prendersene cura.
In una situazioni di disbiosi cronica (che noi percepiamo ma trascuriamo, ricorrendo a
lassativi e rimedi del momento) le pareti intestinali invece di formare una barriera selettiva, le cellule intestinali si distanziano (Leaky Gut ) facendo entrare nel torrente circolatorio sostanze non gradite, non digerite, virus, batteri, molecole infiammatorie, tutte sostanze che verranno poi attaccate dal sistema immunitario.
Un sistema immunitario costantemente attivato (a ogni pasto), genera una infiammazione blanda ma costante (infiammazione di basso grado), attaccando anche , per similitudine strutturale, anche parti del nostro corpo, come ad esempio la tiroide: è opinione di molta parte comunità scientifica che molte tiroiditi siano da ricondurre all’errato metabolismo e assorbimento del grano.
Anche l’esperienza ci conferma che pazienti con alti livelli di anticorpi antiroidei, giovano di una dieta con basse quantità di grano, sostituito da altri carboidrati naturalmente senza glutine, migliorando anche la varietà e la qualità dei cibi assunti.
Il grano, oltre al controverso glutine, contiene anche delle sostanze antinutrienti, le ATI,
inibitori delle alfa-amilasi/tripsina che la pianta usa per difendersi dagli insetti.
Presenti in tutto il grano, ma in misura massiccia nel grano moderno in particolar modo
raffinato, aumentano la quantità di sostanze pro infiammatorie assorbite, come anche le lievitazioni spinte.
La dieta può inoltre interferire con l’attività della tiroide o meglio, dei suoi ormoni anche se un individuo è infiammato, in particolar modo con fegato grasso , perchè i suoi tessuti hanno minor capacità di attivare gli ormoni tiroidei (di sintesi o endogeni), quindi anche se la mia tiroide funziona bene, ma ho il fegato grasso, avrò un metabolismo più lento perchè i miei ormoni resteranno in parte inattivi .
La terapia con ormoni tiroidei sarà di grande aiuto per ridurrei i sintomi dell’iper o ipotiroidismo conseguenti al danneggiamento della tiroide, ma non potrà mai mimare perfettamente la sensibile e precisa attività dell’organo, e comunque non allevierà le cause primarie dell’autoimmunità, che nel frattempo distruggerà l’organo..
E ancora, gli inquinanti derivati dalle plastiche delle bottiglie interferiscono con i nostri
ormoni.
Se abbiamo un intestino irregolare, gonfiore, dolori diffusi, stanchezza, per anni, questo è un preciso segnale del nostro corpo, che come sempre va ascoltato anche perchè, le
molecole infiammatorie provenienti dall’intestino possono colpire qualsiasi organo,
addirittura il cervello, generando stati di ansia e depressione.
Un microbiota disbiotico è di fatto un organo; che funziona male alterando le funzioni di
tutti gli altri organi.
Anche quando il quado generale ci pone più di una domanda, moltissimi medici stentano a voler andare oltre al singolo valore.
Un paziente venne da me per un ipotiroidismo recente che nonostante la terapia
sostitutiva non accennava a migliorare, sia a livello di valori ematici, ma soprattutto a
livello di sintomatologia.
Stanchezza, depressione, stitichezza alternata a scariche diarroiche, insonnia, dolori
articolari, sensazione di freddo costante, accompagnavano da mesi la vita del paziente.
Nonostante le rassicurazioni dell’endocrinologo sul fatto che la terapia aveva bisogno di
tempo per funzionare, il paziente aveva ritenuto corretto valutare anche l’aspetto
alimentare.
Nella visita preliminare chiesi al paziente cosa aveva preceduto i sintomi che lo avevano
portato a valutare la funzione tiroidea, e lui mi raccontò che nell’anno precedente aveva
avuto un lungo periodo di stress psicofisico a causa di un intervento alla schiena, che gli
era valso molti mesi a letto, molti farmaci in particolar modo cortisonici. Aveva preso peso, perso sonno, e massa muscolare.
Con questo paziente ho valutato che il primo approccio era ridurre la palese
infiammazione intestinale e sistemica che raccontavano i suoi sintomi, per poi capire se
questo poteva migliorare la funzione tiroidea. Eliminando i cibi infiammatori (farine
bianche, lieviti, eccesso di insaccati e alcol che raccontava il suo diario alimentare
quotidiano) e fornendo all’intestino la giusta quantità di fibre fermentabili, i disturbi
intestinali erano migliorati istantaneamente, cosi anche la sensazione di torpore e la
stanchezza e i dolori articolari e la sensazione di freddo. In un quadro cosi normalizzato,
ho consigliato al paziente di consultare un Medico di Segnale per una eventuale lenta
deprescrizione del farmaco.
E’infatti possibile che l’ipotiroidismo del mi paziente non fosse una condizione ormai
cronica, ma piuttosto una risposta transitoria dell’organismo ad uno stress momentaneo, al
quale ha tentato di porre rimedio aumentando il TSH, e nella quale l’uso massiccio di
cortisonici ha portato una riduzione della conversione degli ormoni tiroidei, generando i
sintomi che poi si sono confusi con quelli della permeabilità intestinale.
Eliminata la componente alimentare, e farmacologica il quadro che si pone di fronte al
medico può essere giudicato con più completezza.
Ancora più palese il caso di una mia giovane paziente infermiera con grandi capacità di
autodiagnosi; era infatti in grado di “ Sentire il mio TSH che si alza” anche in base alle
sensazioni fisiche che questo le comportava.
Anche in lei i sintomi gastrointestinali erano importanti e strettamente legati all’andamento della funzione tiroidea, e in generale al benessere o malessere di tutto il suo corpo che rispondeva al glutine e al grano come ad un vero e proprio veleno, pur non avendo alcun marcatore di celiachia o allergia al grano.
Una dieta ricca di cibi naturalmente senza glutine, giusta dose di fibre vitamine e proteine, normalizzava rapidamente i sintomi gastrointestinali e il livello di energia generale.
E anche l’umore!
Alla mia richiesta se il suo medico fosse consapevole di questa relazione, e soprattutto
che il suo ipotiroidismo era cosi altalenante, la riposta fu che il medico le disse “Sì potresti fare anche a meno della pasticca, ma perché dovresti?” A questo punto dell’articolo forse più di qualcuno potrebbe avere una risposta.
Come abbiamo detto le patologie tiroidee sono in netto aumento, ma se vediamo questo aumento non come un problema ma come un segnale, possiamo comprendere il quadro generale, per il quale sono tutte le patologie autoimmuni ad essere in aumento, e in generale le patologie a radice infiammatoria, comprendiamo quindi che non è nel singolo farmaco soppressivo del sintomo che possiamo riporre la fiducia nel futuro, ma piuttosto nella eliminazione della causa comune, che risiede nella malnutrizione, nella povertà dei cibi industriali, nella continua ricerca di cibi senza calorie e con sapori artefatti, che imbrogliano il palato ma non il corpo.
Rimoduliano il nostro piatto fornendo al corpo la giusta quantità di energia e nutrienti,
eliminiamo le cause di stress non necessario, dormendo e facendo movimento
possibilmente all’aria aperta, e in questo quadro normalizzato valutiamo risposta del
nostro corpo e facciamoci consigliare da chi ci consideri come non come un numero su un foglio ma come un insieme di meravigliose reazioni adattative e vitali.
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