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Pazienti sfiduciati, divi del cinema e stile di vita.

  • Immagine del redattore: Manuela Navacci
    Manuela Navacci
  • 14 ago 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

Cosa c'entrano queste tre cose? La medicina moderna ha smesso di dialogare con i pazienti, di cercare di comprendere la causa primaria delle malattie e di applicare la vera arma contro il tracollo della qualità della salute nella popolazione: lo stile di vita.


“Vorrei tanto portare da lei mio padre” mi dice una paziente “ma è tanto sfiduciato e non ne vuole piu sentir parlare”

Il padre della mia paziente ha un diabete alimentare o di tipo 2 non insulino dipendente, quindi insorto nel tempo a causa di uno stress continuo delle cellule beta del pancreas: anni e anni di picchi di glicemia dovuti ad alimentazione e stile di vita  scorretto hanno indotto un super lavoro delle cellule beta del pancreas per produrre abbastanza insulina per gestire i picchi di glucosio, fino a parziale o totale esaurimento delle cellule beta.

Questi passaggi possono essere anche silenti, ci si accorge che qualcosa non va quando si vanno a eseguire analisi di routine come l’emoglobina glicata, che è lo specchio di quanti picchi glicemici abbiamo avuto negli ultimi quattro mesi, e il glucosio a digiuno che non deve superare i 99 mg/dl oltre il quale si parla di alterata sensibilità al glucosio,  mentre oltre i 126 mg/dl abbiamo un diagnosi di diabete.

Il protocollo prevedrebbe, anche a seconda della gravità del problema, la modifica dello stile di vita, visto che si tratta di una malattia causata dallo stile di vita, promuovendo una dieta a basso carico glicemico e movimento, e l’assunzione di integratori che migliorino da una parte la sensibilità delle cellule all’insulina, come gli omega tre,

myo-inositolo. Queste modifiche sono un’arma efficacie e risolutiva. E ignorata.


Per quello che è la mia esperienza, tutti  i pazienti in pre diabete o diabete conclamato  non sono passati per questi fondamentali step, ma sono stati indirizzati subito al farmaco ipoglicemizzante, e se poi nel tempo le cose peggiorano, all’insulina.

In alcuni casi viene indicata una dieta al paziente. Dieta che il paziente con grandissima probabilità non farà mai. E qui torniamo al padre della mia paziente.

Come vi dicevo, il diabete di tipo due è indotto dai continui picchi di glicemia, che vengono dati dai carboidrati complessi assunti nella quantità, tipologia e modalità scorretta, e in modo che vengano assorbiti in modo troppo rapido dal sangue e diano il famoso picco di glicemia.

E qui andiamo sul tecnico, sul concetto di Indice e Carico Glicemico

Ma non vi preoccupate, non vi confondete solo voi. Si confondono in tanti, e se provate a cercare le definizione dei due parametri, uno dei quali è la base delle diete del  paziente pre diabetico e diabetico, vi sfido a capire di cosa si stia parlando.  Fatto?


Al di là dei paroloni complicati, l’Indice Glicemico indica quanto, 50g  di carboidrato contenuto in un alimento è in grado di innalzare la glicemia.

Non 50g dell'alimento, 50 g di carboidrato contenuto nell'alimento.


Il Carico Glicemico invece moltiplica l’Indice Glicemico per la quantità reale di carboidrati contenuti dell’alimento, indicando quanto realmente ha effetto sulla glicemia quel cibo nel suo intero.

Volete un esempio?

Questo è uno degli esempi a me molto cari, perché prende un alimento nutriente, sano buono, e demonizzato per il suo carico (presunto)  di zuccheri, l’anguria; IG altissimo 72, praticamente come mangiare una fetta di torta, Carico Glicemico 3 (!!), praticamente come mangiare un frutto. Perché è UN FRUTTO. L’IG alto è dato dai 50 g di fruttosio e glucosio dell’anguria, il Carico basso è dovuto al fatto che per avere 50g di fruttosio da un’anguria dovete mangiarne un chilo e mezzo. Ma anche fosse la natura acquosa e fibrosa dell’anguria avrebbe limitato la possibilità di innalzare tanto la glicemia. Ma vi sconsiglio comunque di provare.


Però lo stesso IG lo trovereste in una porzione piccola di pane.

Un altro parametro poco considerato è il Carico Glicemico del pasto nel suo insieme, cioè di quanto l’abbinamento dei carboidrati con cibi che ne rallentino l’assorbimento.  

Se abbiamo capito che il problema del diabetico è il fatto di aver stimolato troppo e per troppo tempo la produzione di insulina da parte del pancreas, capiamo che l’obiettivo del trattamento soprattutto delle fasi iniziali è quello di ridurre al minimo i picchi glicemici di modo che il pancreas “riposi” , le cellule ritrovino la capacità di legare l’insulina, quindi a far scendere la glicemia a digiuno. Insomma a guarire.


Immaginatevi i carboidrati come dei divi del cinema.

Piacevoli, incantatori, desiderati, ma decisamente capricciosi e umorali.

Da soli sono capaci di fare tanti capricci ed essere decisamente indisciplinati (eh sono fatti cosi, sono viziati), per questo dobbiamo sempre affiancarli a tre sapienti guardie del corpo, le fibre e le proteine e i grassi, in grado di gestire le loro bizzarrie (i picchi glicemici), modulando e rallentando l’assorbimento, permettendo di godere della loro presenza a lungo e senza sbalzi (di umore).

Il massimo poi è far precedere l’arrivo del divo, dalle Fibre, guardia del corpo che ferma il traffico (la peristalsi dello stomaco) e dona sazietà e stabilità glicemica ancora più a lungo. E questo è il Carico Glicemico del pasto nel suo insieme.

Quindi, per esempio, una porzione di riso integrale con pesce e verdura ben condita, preceduta da una crudités di verdure in pinzimonio ha un carico glicemico moderato, è nutriente e appagante. Una colazione con pane integrale, uovo e frutta fresca lo è altrettanto.



Ultimo pilastro nella gestione degli zuccheri del sangue è il movimento: attivare la muscolatura abbassa istantaneamente gli zuccheri perché vengono richiesti per generare energia. Mezz’ora di camminata ogni giorno ha gli stessi effetti terapeutici di uno dei piu utilizzati ipoglicemizzanti. Ma senza effetti collaterali, ma anzi migliora l’umore, la capacità metabolica, e modula il senso di fame. E mi rende padrone della mia vita piuttosto che un malato. E non è un fattore da sottovalutare. Molte persone nel momento della diagnosi iniziano a sentirsi “malati di…..” e non piu persone con una loro auto determinazione, e non escono più da questa condizione, anche perché non risolvendo i problema (perché questi farmaci non risolvono la malattia, tamponano il sintomo) non possono che aggravarlo.

Quindi se mangio un piatto di pasta e poi vado a camminare avrò un certo tipo di risposta glicemica, se invece vado a dormire, ne ho un’altra.

E ora torniamo al padre della mia paziente.

Il protocollo dei paziente diabetico e pre diabetico prevede delle indicazioni alimentari basate sull’Indice Glicemico degli alimenti.

Quindi pochi zuccheri, cereali integrali, porzioni moderate, dieta ipocalorica, pochi grassi, perché spesso il paziente diabetico è anche in sovrappeso. Fine.

Quindi al mattino latte scremato e fette biscottate integrali, a merenda un pacchetto di carkers , cereali integrali verdure a pranzo con una moderata porzione di proteine magre, merenda con fette biscottate, cena come il pranzo. Tutto ovviamente in porzioni moderate.

La maggior parte dei pazienti con questo tipo di alimentazione alle 5 del pomeriggio ha già sbranato le gambe del tavolo, perché nonostante le tabelle, è per buona parte ad alto carico glicemico, quindi si ritroverà affamato a metà mattina, e a metà pomeriggio, e insoddisfatto tutto il giorno. E mollerà li.


Intendiamoci, una dieta cosi fatta, se ben gestita, e scegliendo la frutta invece dei cracker, è un buon approccio, se poi ci si aggiunge una costante attività fisica.


Ma l’approccio ipocalorico, vessatorio nei confronti dei grassi, la poca attenzione all’attività fisica, la scarsa considerazione degli integratori che migliorerebbero il quadro generale, rende il paziente poco compliante. Insomma si deprime subito.

E alla perché fare piani alimentari basati su criteri vecchi, parziali, e soprattutto poco sostenibili?

Lo stesso accade con le indicazioni per l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, tutte problematiche ampiamente gestibili (e RISOLVIBILI) con lo stile di vita. Perché il sintomo (il colesterolo alto, la glicemia alta) sono un messaggio del corpo che stiamo gestendo male la nostra salute, non sono il problema, sono un pacato avvertimento. Che se inascoltato porterà a malattia. Perché non mettiamo in atto cambiamenti salvifici?

Forse perché si crede poco nello stile di vita, si crede poco nella possibilità che il paziente cambi, forse perché si conosce poco la materia, forse perché cambiare lo stile di vita di una persona è una cosa lunga e complessa ma che alla fine è risolutiva, e forse è piu facile dare un farmaco?

Vero è che molte persone fanno grande resistenza al cambiamento dello stile di vita, ma questa resistenza è anche il riflesso di una medicina che a questo cambiamento non crede, e trasmette questo scetticismo ai suoi pazienti.

Ogni medico in cuor suo vuole il bene del proprio paziente, ma se come strumento ha i farmaci, quelli userà. Sarebbe auspicabile che accanto ad ogni medico ci fosse un esperto di nutrizione, per valutare come (non SE ma COME) il cibo possa evitare o affiancare la terapia farmacologica, rendendola piu efficacie a dosaggi piu bassi. Perché un corpo mal nutrito, poco informa, risponde male alle terapie, e continua a peggiorare. La maggior parte dei farmaci per le malattie croniche (e il diabete è una delle piu diffuse) non curano, ma gestiscono il sintomo, ma la malattia, il problema che l’ha generata continuerà a fare danni silenti.

E la dimostrazione è data dal fatto che la  maggior parte dei pazienti iniziano con una mono terapia e nel tempo vi aggiungono altre terapie (anti reflusso, statine, beta bloccanti, psicofarmaci) perché il disagio che prima esprimeva il corpo con l’aumento della glicemia, si è diffuso agli altri distretti.

E non sarà la  multi terapia a farvi vivere bene, vi farà solo sopravvivere, e da malati.

Il senso di perdita della propria autonomia e autodeterminazione è latente in una grandissima fetta della popolazione.

Se è auspicabile, ma poco prevedibile a breve, che la  medicina prenda consapevolezza di questa situazione, è urgente che le persone tornino a comprendere che non c’è pillola che possa sostituire lo stile di vita che è alla base della salute ma anche della malattia.

Il sonno, il rispetto dei bioritmi, l’attività fisica e il buon cibo, ci portano ad un livello massimo di equilibrio, e il non rispetto di questi, genera malattia.

La  medicina e i farmaci saranno   grandi alleati  quando smetteremo di delegare loro la responsabilità della nostra salute.



 

 
 
 

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